La strada che va in città è il romanzo di Natalia Ginzburg che ha come protagonista Delia, io narrante della storia; la ragazza sedicenne vive il suo impatto con il mondo con il desiderio, sovrapposto al bisogno, di liberarsi dalla sua infanzia e dalla sua condizione e di trovare una strada che la lasci lontana dalle origini, dalla povertà, dalla miseria.
Delia è l’adolescente proiettata verso una condizione migliorativa del suo status sociale: la fuga dal passato e dal presente non passano attraverso l’affermazione di sé, né attraverso l’impegno; il raggiungimento della libertà è nel rapporto con l’uomo, nel proiettarsi nella vita adulta.
Le vicende che lei vive nel romanzo hanno il passo leggero della narrazione agile, ariosa, mai appesantita da considerazioni moralistiche né da tormenti interiori, tanto che Delia potrebbe apparire per certi versi anaffettiva invece è soltanto coerente con se stessa, con la sua età e con la sua condizione e si muove nel suo mondo con l’inconsapevolezza di una adolescente che però sa bene da cosa vuole fuggire e quanto sia importante trovare gli agi della città e una vita più dignitosa.
Natalia Ginzburg iniziò a scrivere La strada che va in città nel settembre del 1941 quando si trovava a Pizzoli, paese in provincia dell’Aquila, con suo marito Leone Ginzburg che era lì in confino durante la guerra. Rimase nella campagna abruzzese per tre anni.
“Avevamo una casa sulla piazza del paese e dalle finestre, di là dalla piccola piazza dove c’era una fontana, vedevo orti, colline e pecore.” (dalla prefazione di: N. Ginzburg, Cinque romanzi brevi, Einaudi)
La stessa autrice scrisse che i suoi personaggi erano la gente del paese che vedeva dalle finestre e incontrava nei sentieri. In loro si mescolavano i suoi amici e i suoi parenti in un’operazione quasi involontaria. La strada che tagliava in mezzo il paese e giungeva fino all’Aquila, è dentro questa storia narrata. E la città alla quale la Ginzburg pensava era insieme L’Aquila e Torino.
Si dice che una casa dove ci sono molti figli è allegra ma io non trovavo niente di allegro nella nostra casa. Speravo di sposarmi presto e di andarmene come aveva fatto Azalea. Azalea si era sposata a diciassette anni. Io avevo sedici anni ma ancora non m’avevano chiesta. La nostra era una casa rossa con un pergolato davanti. Tenevamo i nostri vestiti sulla ringhiera delle scale perché eravamo in molti e non c’erano armadi abbastanza. “Sciò, sciò, – diceva mia madre scacciando le galline dalla cucina, – sciò sciò…”
Il romanzo si apre con la figura di Nini, figlio di un cugino del papà di Delia che, divenuto orfano, va a vivere a casa dei genitori di lei. È un ragazzo acuto, che cerca di affermarsi anche se non sa bene come: trova un lavoro in fabbrica, vuole imparare a fare il tornitore e quando può beve grappa. Nini per Delia è la figura che rappresenta il sentimento, l’empatia; lo cerca quando non è in casa, chiede di lui e vuole sapere chi frequenta poi però rivolge le attenzioni a Giulio, il figlio del dottore, come lei stessa lo definisce.
Ero tutta contenta perché Giulio m’aveva regalato le quaglie e m’aveva guardato e aveva detto che un giorno si doveva andare insieme in città.
La narrazione porta con sé la mentalità del contesto paesano-provinciale degli anni Quaranta ed è rappresentativa del desiderio di molte ragazze di uscire dalla condizione di disagio sociale di appartenenza affidando la propria sorte a un matrimonio a qualsiasi costo. Poco importa a Delia che Azalea sia sposata con un uomo più grande di lei, con il quale spesso discute e che tradisce con un altro più giovane: nota invece le sue abitudini da signora, l’alzarsi tardi e il rimanere al letto a lungo, il farsi servire dalla serva, lei e i suoi bambini.Delia è la ragazza che quando si ferma a guardare osserva gli abiti delle donne di città, non è disposta a fare nulla per migliorarsi, per investire sulla propria intelligenza e finisce presto per ignorare l’affetto che lei stessa prova per Nini. In questo contesto privo di passioni l’inattesa gravidanza di Delia viene trattata dalla madre e dalla famiglia, coerentemente con la mentalità del paese, come un evento da nascondere. La parabola della gravidanza porta con sé tutta la realtà degli stereotipi sociali dell’epoca: la suocera stizzita e contrariata, il tentativo, da parte della famiglia di Giulio, di pagare la libertà dal vincolo indesiderato, la separazione momentanea, la reazione dei fratelli e del padre di lei.
La figura di Nini aleggia e si trasforma fino alla decadenza, permane fino alla fine del romanzo e lo conclude.
La protagonista troverà la strada e la città, nonostante tutto. Lo farà affrontando ogni situazione senza mai perdersi, attraverso una narrazione impeccabile che ci conduce lì dove il suo destino si compie.
@soniaciuffetelli