Voglio rivolgermi ai lettori di poesia per parlare di gusti poetici. Che cosa ci piace davvero, qual è la migliore delle forme poetiche possibili, dal nostro punto di vista?
Il vespaio di versi nel quale rischiamo di confonderci, sia come autori sia come fruitori, è così fitto e fervente da non consentire di capirci qualcosa, visto dall’interno. Anzi, si rischia di essere risucchiati dalla varietà e quantità di poetesse e poeti, di generi e contaminazioni, di estensioni e smottamenti che vanno dalla versificazione alla prosa, dai voli poetico-pindarici di certe figurazioni retoriche e stilistiche alla crudità prosaica e scarna di racconti in versi che somigliano, per ritmo e procedimento, alla narrazione contemporanea.
Per questo motivo mi rivolgo ai lettori di poesia, che si cimentino o no nelle fatiche e nelle prodezze compositive di testi in versi, è secondario. Perchè il lettore, più del poeta assoluto, più del creativo invasato, ha il privilegio di fare dei passi indietro rispetto alla pagina scritta, non fosse altro che per poterla leggere ed interpretare dalla giusta distanza che permette una visione lucida, d’insieme. In questo uscire fuori dal testo si nasconde il segreto per apprezzare, non dico obiettivamente, ma con il sereno distacco utile alla comprensione del tutto e del particolare, la complessità e nello stesso tempo le sfumature, i dettagli, la musicalità di un’opera poetica di qualsiasi tipo e forma.
Non mi piace parlare di poesia e non poesia, in senso crociano. No. Mi piace parlare di gusti. Cosa ci piace davvero? Una poesia consolatoria oppure un bagno di (torbide) riflessioni senza speranze che ci fanno scivolare in considerazioni esistenzialiste? Una poesia memorialista, che rievochi infanzie vagheggiate e ci riporti ai suoni e alle atmosfere di un tempo perduto e mai ritrovato? Oppure amiamo la denuncia, il clamore, il rumore della poesia che grida, che alza i toni e le parole mentre esce fuori da se stessa, dai suoi artifici consumati ed esplora ogni possibilità, ogni estensione della lingua e del ritmo fino a disintegrare la compostezza del verso e del significato? Ci piace la bellezza formale o siamo al punto di poterne fare a meno?
Sapere cosa ci piace ci aiuta a scegliere e a leggere, ma soprattutto ci permette di imparare senza distrazioni. E dunque parliamone, perchè no. Facciamoci delle domande. Cominciamo a chiederci quanta poesia contemporanea leggiamo e chi sono i contemporanei che ci piacciono. Quale poesia classica portiamo sempre con noi. Viva il confronto, viva il dibattito.