Frame *2

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E’ vero che la poesia degli ultimi decenni si sta avvicinando sempre di più alla forma narrativa? Che si sta ammalando di autobiografismo?

Nelle opere più recenti non possiamo fare a meno di notare una versificazione che cerca di avvicinarsi alla comunicazione più immediata: lo fa la poesia quando scandisce i versi e li avvicina al respiro della prosa, lo fa quando illumina l’oggetto e lo rende immediatamente riconoscibile o quando imita il parlato come a voler dialogare con un lettore che ha smesso o forse ha rinunciato ad attivare inferenze capaci di cogliere il senso della figuralità.

Esiste una tendenza che disdegna l’uso dell’io lirico e dunque di un noi, come fosse dichiarazione di autobiografismo, cedimento verso la rappresentazione narrativa di qualcosa che riguarda il poeta stesso; una diversa posizione, invece, ritroviamo nei confronti dell’io narrante che è assimilato a una scelta di punto di vista funzionale al racconto.

Come lettori, quando leggiamo una poesia, stiamo davvero leggendo il frammento di un racconto, il ricordo privato del poeta? O forse ci stiamo riconoscendo in quell’io o in quel tu, come se l’evento ci riguardasse molto da vicino?

Vi propongo la lettura di una poesia di Milo de Angelis, poeta non rappresentativo in questo senso, non frontalmente autobiografico; lo leggiamo però adesso in questa poesia dal titolo CARAMELLE DI MENTA, tratto da Linea intera, Linea spezzata, Lo Specchio, Mondadori 2021.

Da quanto tempo non entravo al Centro Schuster,
da quanto tempo non sentivo le frasi sconnesse e favolose
di Drino Danilovicˇ, il primo allenatore,
con il berretto a visiera, quello che accarezzava la porta
con il suo fazzoletto di cotone e con una vampata
di parole folgorava gli ippocastani.
«Mister, lei è ancora qui, nel campo a nove giocatori,
è ancora qui con lo stesso taccuino e la stessa matita».
«Sono sempre stato qui e ti aspettavo, ragazzo.
Ma tu? Sei rimasto l’inquieto pulcino
che correva sulla fascia e poi tremava? Oppure sei riuscito
a far pace con la vita?». «Mister, non lo so, ma sono qui,
sono tornato per saperlo».
«Sono soltanto tre, posso dirtelo, le regole del bene,
soltanto tre: portare il pallone nel soffio
della prima altalena, portare ogni dribbling in un balletto
astrologico, trovare in una stella
l’attimo giusto per il calcio di rigore».

Milo De Angelis

L’accadimento profondo che il testo descrive non è la rievocazione del fatto in sè, ma è la somma di quel frammento narrativo e della riflessione morale che il lettore coglie e che lascia passare al suo mondo interiore.

Ma tu? Sei rimasto l’inquieto pulcino
che correva sulla fascia e poi tremava? Oppure sei riuscito
a far pace con la vita?».

E tu, lettore, hai mai pensato che le regole del bene sono tre, soltanto tre? E quali sono…

La poesia contemporanea necessita della percezione e dell’intelligenza di un lettore che sappia entrare nel mondo che il poeta o la poeta evocano e di cui la parte narrativa non è che una cornice o in certi casi un veicolo; e se volessimo arrivare a cogliere il senso estetico e quello figurale di un testo in versi dovremmo imparare a leggere, entrare nel mondo del testo e della musicalità che evoca, entrare al di là del racconto e malgrado l’autrice o l’autore.

Scopriremo che il lettore non è un fruitore ma un attore dell’opera che sta leggendo. Che è sullo stesso piano del poeta e che il poeta, senza di lui, costruirebbe templi chiusi a chiave.

@soniaciuffetelli