Giulia, vorrei parlare con te del tuo romanzo IL MALE CHE NON C’E’, edito da Bompiani: un libro che mi ha portato dentro la storia di Loris e della sua famiglia, dentro i rapporti tra tutti i personaggi e soprattutto all’interno del problema dell’ipocondria. La lettura fa riflettere non solo sull’aspetto introspettivo dei personaggi ma anche sullo sfondo sociale in cui si muovono.
1. Iniziamo da Loris, il protagonista del romanzo; lui vive nell’ossessione della malattia.
Si rivolge continuamente ai medici, cerca conferma delle proprie patologie, e cosa
trova?
Trova molta diffidenza, molta distanza. Non si sente capito perché non ha un male
che si può misurare strumentalmente e quindi sembra non avere nulla di cui i
medici possano occuparsi, eppure i dolori e i disturbi sono reali per lui, li
percepisce. Non si tratta d’altro che di somatizzazioni a cui è molto difficile
rispondere in campo medico, chi ne soffre si sente spesso un paziente-impostore.
2. Catastrofe è una proiezione mentale di Loris: tu l’hai definita una figura
psicofantastica. Quando appare lui sente di stare male eppure lei si presenta, sia
nella descrizione sia nella sostanza, come una creatura a tratti consolatoria. È così
che tu, Giulia, hai immaginato l’ipocondria?
L’ipocondria, come altri disturbi psicologici, credo abbia più facce. A volte viene
percepita come persecutoria e insostenibile, altre aiuta la persona che ne soffre ad
avere una scusa per non presentarsi nel mondo e diventa un meccanismo di
protezione e quindi di consolazione, una giustificazione all’immobilismo e
all’inettitudine che proviamo.
3. La rete amplifica i dolori del giovane Loris attraverso le testimonianze del dolore
collettivo che si esprime in rete attraverso i forum e i social. Che ruolo ha l’uso che
fa Loris di Internet?
Su internet un ipocondriaco può trovare benzina per le proprie sofferenze. Loris non
si ferma a cercare informazioni sui possibili sintomi che crede di avere ma ricerca le
testimonianze dei malati, i loro video racconto delle malattie, l’uso che fanno dei
social per narrare le diagnosi che ricevono, l’impatto che tutto questo ha su chi sta
attorno al degente. Su internet si può trovare di tutto, scene spaventose, inquietanti,
sono alla portata di chiunque.
4. Parliamo della famiglia di Loris: la madre che lo accudisce come se fosse ancora un bambino, il padre che esprime il suo disappunto nei confronti del disagio del figlio.
La madre di Loris lo ama molto ma è da sempre ansiosa e iperprotettiva, questo ha
creato in Loris una certa angoscia di fondo rispetto al dolore e d’altra parte da
adulto lo fa sentire sempre infantilizzato. Il padre, invece, vorrebbe vedere Loris
crescere nella vita, realizzarsi, diventare autonomo e mal sopporta le sue fatiche da
trentenne precario, lo giudica e lo sprona ma nel mondo sbagliato.
5. Loris è un iperlettore. Cos’è la lettura per lui?
Ho scoperto l’iperlettura casualmente. È un disturbo che porta i bambini a leggere
troppo e a distaccarsi dalla realtà, fino a perdere ogni contatto. Loris da bambino ne
soffriva, ma negli anni ha cercato di recuperare un rapporto più sano coi libri, ha
studiato Lettere e vorrebbe lavorare in una casa editrice. La lettura per lui è una
sicurezza anche se a volte torna a tormentarlo il senso di derealizzazione che
leggere ha voluto dire per lui nell’infanzia.
6. Tempesta è portatore di esperienze esotiche di cui Loris bambino è partecipe. Aver vissuto in Africa, in una ex colonia italiana, gli ha dato la possibilità di fare esperienze diverse. È come però se il legame affettivo con la madre e il padre di Loris fosse saltato a favore di quello con il nonno. Vorrei che ci parlassi della figura del nonno Tempesta che attraversa la trama del romanzo e dà la possibilità al lettore di conoscere Loris bambino e il suo mondo infantile concreto, il suo rapporto con la terra, con gli animali, con i colombi e di seguirlo poi nella sua crescita e nella sua fase adulta.
Tempesta è un uomo dalle mani capaci, che sa stare nel mondo, tra le cose, che sa
aggiustare, fare e disfare. Un uomo d’altri tempi, che ha viaggiato, ha avuto molte
esperienze, visto molte cose. Un uomo che ama la vita semplice, l’aria aperta, il suo
orto e gli animali a cui si dedica. Per Loris è un maestro e un amico, una figura
cardine della sua infanzia.
7. Jo appartiene alla stessa generazione di Loris ma vive in modo completamente
diverso la sua crescita e il rapporto con il lavoro. Lei è concreta, vede il lavoro come
una necessità, ha come obiettivo l’autonomia personale e si adatta a intraprendere
percorsi lavorativi distanti tra loro. Questo ci fa capire che tu, Giulia, non hai voluto
rappresentare soltanto un disagio generazionale piuttosto hai voluto ricercare le
cause dell’ossessione nella inclinazione che Loris esprime sin da bambino quando
manifesta le sue preoccupazioni e la sua apprensione.
Sì, volevo mettere a confronto due persone della stessa generazione, con una
lunga relazione complessa e ormai una visione del mondo molto distante. Jo vive il
lavoro non come una realizzazione personale ma per guadagnare, sistemarsi e
potersi godere come desidera il tempo libero, mentre Loris disperatamente
vorrebbe trasformare la sua passione per la lettura nella sua occupazione. Quando
parlano di corpo, di lavoro, di emozioni ormai non si capiscono più.
8. Una riflessione sull’onomastica: Tempesta è il soprannome del nonno, Jo ci fa
pensare al personaggio di piccole donne, la scelta del soprannome Catastrofe è intuibile.
Loris invece è il vero nome del protagonista, tra l’altro è un nome ambigenere:
qual è la ragione di questa scelta?
Ci tengo molto ai nomi che scelgo e volevo che fossero a me cari. Tempesta era il
soprannome di mio nonno da bambino, Jo è uno dei personaggi più importanti della
mia formazione letteraria, mentre Loris è come volevano chiamare mio padre all’inizio
per poi cambiare idea all’ultimo.
9. Il ritorno di Loris alla casa del nonno è un ritorno all’infanzia, un modo per tornare
alla dimensione sana, terrena ed è la ricerca di un elemento che possa aggiungere
al suo percorso una forma di salvezza…
Sì, c’è nel finale la voglia di aprire una finestra sulla possibilità che Loris trovi il
proprio spazio mentale e fisico riavvicinandosi a quella memoria, a quella casa e a
quella natura.
10. Si può uscire dall’ipocondria?
Credo di sì, con molta terapia, molta forza di volontà e tanto tempo de dedicare a
se stessi.
11. Gelo è il romeno aiutante del nonno di Loris ed è un personaggio che attraversa il
romanzo fino alla conclusione. Cosa rappresenta negli equilibri della storia che
rappresenti?
È quasi un secondo figlio per Tempesta, una figura veramente esistita nelle nostre
vite. L’ho inserito perché volevo raccontare un altro tipo di rapporto tra uomini che è
di amicizia e di accudimento nonostante la vita campestre e molto semplice che
vivono.
12. In una sorta di gioco delle apparizioni, nel finale del romanzo tu scegli di utilizzare la
prima persona dopo una intera narrazione in terza. Appare Giulia, figlia di Gelo, e
appari anche tu. È un po’ così?
È anche così, certo.
13. I tuoi romanzi dialogano tra loro anche quando i protagonisti sono diversi e
reagiscono in modo opposto alle vicende della vita. Nei titoli L’ACQUA DEL LAGO
NON E’ MAI DOLCE e IL MALE CHE NON C’È troviamo due negazioni. C’è una
correlazione tra le due negazioni?
Sì, credo siano due facce della stessa medaglia questi romanzi e che i due
personaggi protagonisti siano estremamente correlati. Lo stesso è per i luoghi dove
si svolgono le vicende che sono vicini e confinanti, per alcuni temi che ho voluto
indagare in entrambi come per esempio il rapporto con lo studio, con la lettura, con
la ricerca del lavoro, con la frustrazione, il fallimento, la rabbia.
14. Hai già in mente il tuo prossimo lavoro?
Sto scrivendo ma ancora non so bene come andrà a finire!
Dunque buon lavoro e in bocca al lupo per Il male che non c’è, edito da Bompiani.
Infine grazie per questa tua intervista, per i tuoi romanzi e per la tua attività letteraria.
Sonia Ciuffetelli
foto di Chiara Pasqualini
Giulia Caminito è nata nel 1988 e vive a Roma. Il suo primo romanzo La grande A (Giunti, 2016) ha vinto il Premio Bagutta Opera Prima, il Premio Berto e il Premio Brancati Giovani. Ha scritto romanzi, racconti e libri per bambini. Ha pubblicato per Bompiani Un Giorno verrà, L’acqua del lago non è mai dolce (vincitore Premio Campiello 2021 e finalista Premio Strega 2021) e Il male che non c’è (2024). I suoi libri sono tradotti in oltre venti paesi. Collabora con riviste e quotidiani e lavora nel mondo dell’editoria.