di Stefano Carnicelli
L’incontro con la scrittura di Carmela Scotti è stato molto interessante. Il suo lavoro d’esordio, “L’imperfetta”, presenta tutte le caratteristiche di un grande romanzo; un’opera prima sicuramente importante. Non è un caso che il testo sia stato finalista al prestigioso premio Calvino. Siamo nella Sicilia di fine ‘800, a Roccamena. Catena è poco più che una bambina. Vive con le sue sorelle, Antonia e Teresa, in una famiglia, dove la figura paterna rappresenta il fulcro di un felice presente. Giovanni: un padre importante, attento, premuroso, allegro. Un padre che ama i libri, le stelle, i fiori, le piante. Sarà una figura di riferimento per le sue figlie. Insegnerà loro le parole, come segni d’inchiostro sulle pagine per riempire la testa e sviluppare i pensieri. Sarà la terra dove Catena poggerà i piedi, il porto sicuro, l’aria che riempie i polmoni. Poi, all’improvviso, arrivarono il dolore, l’assenza, il buio. Le tre sorelle restarono con una madre arida negli affetti e poco incline alle carezze. La perdita di un genitore può essere tale da aprire le porte della disperazione, quando il peso del distacco viene aggravato dalla nefasta presenza di uno zio (Ignazio) reo di aver rubato ogni spazio … anche quelli del cuore.
Catena subirà un nuovo e terribile destino. Da sempre odiata dalla madre che la considerava una bambina sfaticata in balia di un padre sognatore, sarà costretta a ricevere le immonde attenzioni dello zio. Sua madre restava sorda alle richieste d’aiuto della figlia. Catena dimenticò le gioie di un tempo, gli abbracci, i sorrisi; al loro posto i colpi di bastone, le pesanti parole che la spingevano verso la fatica dei campi, dimenticando il magico mondo che dovrebbe appartenere a una bambina.
Il romanzo si snoda lungo i percorsi di una doppia narrazione alternata in prima persona. Da una parte abbiamo la storia che avanza, dall’altra l’ingombrante presente che volge verso la fine. In questi diversi ambiti temporali, Carmela Scotti muove in modo pregevole la sua scrittura. La narrazione è trascinante, bella e decisa. Il linguaggio, a tratti cruento e duro, è molto espressivo e rende molto bene le dimensioni umane e morali dei singoli protagonisti.
Catena aveva sempre amato la notte. Aveva trovato rifugio nel silenzio notturno mentre ammirava le stelle. Ora non c’è più pace, non è più il tempo che fu. Scopre la convivenza con la paura. Con grande serenità e forza interiore, deciderà di dare una svolta fatale alla sua esistenza. Fuggirà via di casa dopo aver soddisfatto la sua sete di vendetta. Vivrà nei boschi, con i suoi amati libri, a contatto con la terra, le piante e i fiori che suo padre le aveva insegnato. Sarà una vita ricca di solitudine e di libertà in cui la ragazza percepirà, in ogni istante, l’indimenticata e bella presenza paterna.
Il nuovo tempo è caratterizzato dalla presenza di stenti, fatiche, assenza di cibo. Una vita dura trascinata con forza per dare un senso alla fuga dal passato. Catena incontrerà un carabiniere; un nuovo e temibile protagonista da cui verrà “macchiata” in modo definitivo. I continui passaggi tra passato e presente, la narrazione decisa e potente, rendono il romanzo coinvolgente. Carmela Scotti mostra una grande maturità narrativa soprattutto nelle descrizioni degli stati umani vissuti da Catena.
Strazianti e commoventi sono le pagine in “corsivo”; quelle in cui la protagonista si racconta nel periodo vissuto nel carcere. A Palermo è scoppiato il colera. Si muore in ogni angolo della città; nella cella arriva il puzzo della carne bruciata degli untori. La ragazza aveva già curato molte persone con la conoscenza delle piante e delle erbe. Viene tacciata come una mavara, una strega, con un destino ormai segnato. Sarà una detenzione talmente feroce da farle subire ogni tipo di offesa, inconcepibile al cospetto della dignità umana. Le violente frustate sulla pelle apriranno ferite inguaribili e rosse di sangue vivo. I calci ricevuti dalle guardie, romperanno ossa incapaci ormai di ascoltare la voce del dolore. Le acque sporche fatte ingoiare a forza, sconvolgeranno gli intestini senza mai arrivare al tempo della morte. Catena appare invincibile, quasi destinata a sopravvivere a una morte incapace di accoglierla. Troverà la forza anche nel buio del pozzo; con gli occhi chiusi potrà inventare il mondo … tagliare la grata, viaggiare leggera nei giorni di sole e rincorrere i sogni di quando era bambina. Emergerà sulle violenze, sulle miserie umane, la bellezza di una nuova vita che avrà un nome: Giovanni. Sarà proprio Giovanni a percepire un vento d’amore che, pur non conoscendone il nome, chiamerà “madre”.
Un libro intenso, un romanzo che suscita profonde emozioni. Una scrittura che fa riflettere su tematiche importanti come la condizione della donna e le violenze subite, la situazione nelle carceri, la passione per i libri e la lettura … quest’ultima, vera forza salvifica di una condizione umana altrimenti disperata.
Stefano Carnicelli